Dei viaggi, tutti i viaggi, si sa che il giorno più difficile è l’ultimo. Un po’ per la consapevolezza che il viaggio stesso sta per terminare, un po’ per le aspettative enormi che si hanno in serbo per le ultime attività (solitamente quelle più belle), un po’ per la nostalgia che inevitabilmente già inizia a farsi sentire. L’ultimo giorno, insomma, è un po’ come l’ultima forchettata del nostro piatto preferito, la parte migliore che lasciamo in fondo per gustarcela a pieno.
Il mio ultimo giorno di Festival del Giornalismo Alimentare è stato proprio così: magico. Non che gli altri giorni fossero da meno, sia chiaro, ma i Press Tour, che mi spaventavano un sacco per il loro nome così improntato al giornalismo nudo e crudo, si sono rivelati la ciliegina sulla torta di un’edizione fantastica.
San Salvario By Day. Era questo il titolo del Tour al quale mi sono iscritto: un viaggio in uno degli storici quartieri torinesi, dove la multietnicità regna indiscussa, e grazie alla quale è possibile ammirare l’imponente Chiesa del Sacro Cuore a pochi passi dalla Sinagoga di Torino. Un quartiere un tempo sede dell’artigianato, ma anche dei pregiudizi e degli stereotipi ed oggi culla della movida notturna cittadina.
Siamo partiti da qui. Dagli stereotipi di un quartiere, che hanno dato il motore ad una rivoluzione locale legata al Food. Ad un decalogo delle buone pratiche per i locali di San Salvario, che ha preso il nome di “Feeding You Fair” e che contiene regole severe perchè si pone come una forte educazione non solo alimentare ed ambientale, ma anche e soprattutto etica. Infatti tra i criteri per i locali che aderiscono al decalogo, oltre a quello ambientale ed a quello alimentare, compare quello sociale. Insomma, grazie al cibo la rivoluzione è avvenuta davvero, tra i bar, che potranno garantire non solo un buon panino, ma un buon panino alla portata di tutti.
A guidarci in questo viaggio tra le buone pratiche alimentari, oltre a Stefano, instancabile componente dell’organizzazione del Festival che ci ha sopportati e supportati anche nelle richieste più banali, le Guide Bogianen. Ho scoperto che Bogianen in torinese significa pigro (o chi non si muove). Sono delle guide che oltre ai soliti tour sulla città di Torino, organizzano dei percorsi alternativi, come quello che abbiamo affrontato noi, smentendo il detto che i piemontesi sarebbero per l’appunto dei Bogianen. Ma per maggiori informazioni, potete visitare il loro sito (http://torinobogianen.wixsite.com/guideturistiche).
Prima tappa, nonchè punto di ritrovo, è stata la Casa del quartiere. Un tempo erano i bagni e lavatoi pubblici, oggi la casa del quartiere di San Salvario si propone come “un laboratorio di idee per un quartiere in trasformazione”. Una fucina di idee innovative e sempre al passo coi tempi, come dimostra il cartello appeso al fianco del bar (dove ho preso il mio primo caffè della giornata). Esattamente dalla parte opposta della piazza rispetto alla Casa del quartiere, la Chiesa del Sacro Cuore di Maria, un capolavoro architettonico che riporta alla mente la famosa Notre Dame de Paris per lo stile, pur mancando il gobbo ed i gargoyles (ma a San Salvario, stando attenti, si possono trovare enormi pipistrelli in pietra sotto le finestre di storiche abitazioni). Una chiesa che a quanto pare non era molto apprezzata da Natalia Ginzburg, famosa scrittrice che abitava in una casa la cui finestra affacciava proprio sulla piazza di San Salvario.
Ovviamente in ritardo, perchè noi FoodBlogger non corriamo mai, soprattutto quando si tratta di cibo, arriviamo alla seconda tappa del nostro viaggio: Negozio Leggero. Avanti, iniziamo con le battute sul fatto che un LargoBaleno sia entrato in un negozio leggero! Il nome del negozio prende forma dalla filosofia stessa con cui nasce: una spesa alla spina resa leggera dall’assenza di imballaggi. Il concetto di leggerezza non è quindi sinonimo di light, nè tantomeno di superficialità: i prodotti venduti sono infatti tutti analizzati e selezionati con cura ed attenzione, nel rispetto di tutte le regole del decalogo. Ed a dispetto di quanto pensassi prima di entrare, non c’erano solo i soliti prodotti bio di sempre, ma una vastissima gamma di alimenti, per altro senza che i prezzi ne subissero le conseguenze. Insomma, il negozio dei sogni. Ma quello che davvero mi ha stupito, è stata la parte “sociale”. Nella filosofia del Negozio Leggero c’è questo: “La vendita è sempre seguita da personale preparato che, oltre a poter raccontare la storia di ciascun prodotto, può consigliarne l’utilizzo e la preparazione: un modo diverso di diffondere la cultura alimentare e materiale, dietro il bancone di un negozio”.
Per scoprirne di più: http://www.negozioleggero.it/
Lait e Formagg. Un nome che può suonare strano, ma che io continuo a ripetere da ben due settimane, come un mantra che farebbe invidia anche a Gabbani. Ma voglio iniziare citandovi la storia del negozio: “Nel lontano 1960, Mamma Rosa e Papà Gioanot, lasciate le loro 5 mucche e la poca terra nella pianura cuneese, presero con sè i loro tre figli, vennero a Torino a cercar fortuna e aprirono la loro latteria, proprio in Via Madama 18. Laura, figlia di Mamma Rosa, ed il marito Aldo, hanno fatto crescere la latteria all’insegna di un sapiente equilibrio fra la conservazione dei sapori tradizionali e l’evoluzione di un gusto sempre più raffinato”. Ecco, questo è l’esempio di una delle storie che mi piace raccontare. Di persone che cercano fortuna con la loro passione, tanto da raggiungere il titolo di Maestri del Gusto dal 2014. Probabilmente Mamma Rosa e Papà Gioanot non hanno fatto ricchezza, ma non è questo il genere di fortuna che cercavano, secondo me. Dal mio punto di vista, la loro fortuna è un negozio piccolo, dall’aria familiare, che nasconde preziosi formaggi: dalle mozzarelle, alla ricotta di capra (ottima con una marmellata di prugne), alla toma di bra della quale mi sono follemente innamorato. E come non citare la Salsiccia di Bra o gli Agnolotti Plin? Vi lascio il link anche al loro sito: http://www.alformaggi.it/
Dopo il carico di forze acquisito grazie ai formaggi di Aldo e Laura, siamo ripartiti nel nostro viaggio. Ed è stato il turno di “Verdèssenza: l’ecobottega della sostenibilità”. Non è importante che vi descriva chi siano i proprietari di questa bottega. L’impronta è meno personale, e più incentrata sulle motivazioni che hanno spinto la Società Cooperativa Ecosum ed i suoi soci a creare Verdèssenza. E’ una poesia, che va oltre la retorica ed abbraccia tutti quei temi che fortunatamente sono sempre meno tabù, proprio grazie a botteghe come questa:
Crediamo nella riduzione dei rifiuti e delle distanze
nella società del consumo critico
nella sostenibile leggerezza dell’essere e del nostro stare sulla TerraCrediamo nei diritti più che nei rovesci
crediamo negli addetti ai valori
e nella qualità per tuttiCrediamo che una piccola differenza possa cambiare completamente le cose
che il pareggio nel campo delle opportunità sia la vera vittoria
e che il Pianeta sia la nostra casaAlessandra Mazzotta e Cosimo Biasi
Ed è proprio questo credo che ha creato un forte legame con i clienti. Un legame che va oltre i gruppi d’acquisto solidale, ed oltre i premi riconosciuti a determinati prodotti, come la carne di pollo. Un legame che arriva alla richiesta di una autocertificazione dei prodotti, così che solo il meglio sia garantito agli acquirenti, anche da un punto di vista etico. Una scelta consapevole, insomma, dal produttore al consumatore, seguendo tutta la linea. Per scoprirne di più: https://verdessenza.wordpress.com/
Ultima tappa prima del pranzo? Non poteva che essere da Si Vu Plè. Era un vecchio panificio, come dimostrano gli intarsi a forma di grano sul legno dei mobili. E’ oggi un bistrot che porta la Francia in tavola, con prodotti di prima qualità, ovviamente non a chilometro zero, ma non per questo meno importante. Soprattutto a livello culturale. Era la mia prima volta in un bistrot francese: sono rimasto colpito dai profumi, dai diversi modi di fare delle due proprietarie, dall’ambiente circostante. E’ il negozio che fa finalmente capire la maestosità di San Salvario, con il suo solstrato di conoscenze e di culture diverse che lo rendono un gioiello nella grande Torino. E poi c’è la garanzia di avere prodotti diversi dal solito, mantenendo alta la qualità alla quale siamo abituati (senza accontentarci del primo prodotto importato e svenduto al supermercato). Ma c’è anche la garanzia che siano rispettati tutti i vincoli etici che ci hanno accompagnati in questo indimentabile viaggio: possiamo così trovare vini dei piccoli produttori francesi, formaggi fatti con vero latte, e molto altro.
Per maggiori informazioni: http://www.si-vu-ple.com/
Finalmente pausa pranzo (come se non avessimo mangiato abbastanza…). Siamo stati divisi in due gruppi, ed io sono convinto di essere stato molto fortunato, perchè sono capitato in un bistrot che ho amato dal primo momento. Da quando sono entrato e si sono presentate le due proprietarie, Daniela e Margherita (ed il LargoBaleno dentro di me ha iniziato ad inneggiare al girl power). Ci hanno accolti nella loro “casa”, nel loro fantastico mondo: Spazio Mouv’. Non è solo un bistrot, è qualcosa di più. C’è il mouv’, il movimento, l’impulso creativo. Si autodefinisce una “sinergia di arte, cibo e cultura, ma anche di vino, musica e tanti progetti”. Alle pareti bellissimi quadri in esposizione. Sui tavoli brevi letture, storie sottili che accompagnano i commensali per una pausa lunga un the. Ed il buon cibo che ci è stato raccontato e non solo servito. A partire dai crostini con la ricotta fresca e la salsiccia di Bra cruda, per arrivare alla pasta fatta a mano dallo chef, tagliata con maestria davanti ai nostri occhi e descritta nel dettaglio, partendo dalle farine integrali che sono state utilizzate, passando per un calice di vino di cui poco so dirvi dato che non sono un esperto (ma posso garantirvi che il giovane sommelier-cameriere con la sua simpatia ha convinto anche un inesperto come me), atterrando al piatto completo: la pasta che abbiamo visto fare, condita con un ragù di salsiccia di bra. Insomma, hanno conquistato non solo la mia pancia ma anche il mio cuore.
Vi invito ad andarci. Trovate qui tutto il necessario per geolocalizzare il posto e prenotare un tavolo: http://www.spaziomouv.it/
Dopo pranzo, come tradizione vuole..spazio ai vini ed ai liquori. Andiamo da Affini, che offre tapas e drink di tutti i tipi. So dire solo questo, perchè oltre ad aver fatto qualche foto in giro, non sono riuscito a seguire tutta la presentazione causa treno in partenza. Sono praticamente scappato, ho seguito un ragazzo con una valigia fino alla stazione, e sono salito al volo sul treno all’ultimo secondo.
Che dire? E’ arrivato il momento dei ringraziamenti. Partendo in ordine inverso dal punto di vista cronologico: grazie a tutti i locali che ci hanno accolti in questa giornata di Press Tour alla scoperta di San Salvario; grazie a Stefano, che è stato oltre ad una guida anche un buon compagno di viaggio (e dal mio punto di vista, è un grande complimento); grazie alle guide Bogianen per averci fatto scoprire tante cose rare; grazie a tutti quelli che hanno fatto parte del gruppo San Salvario By Day, dai più silenziosi ai più loquaci; grazie a tutta l’organizzazione del Festival che è stata capace di realizzare uno spettacolo unico in questa tre giorni ricca di informazioni; grazie di cuore a Valentina ed Ilaria, le mie personalissime guide nei momenti extra-Festival!
Grazie a voi che mi avete accompagnato, seppur virtualmente, in questo magnifico viaggio <3
NB. Vi lascio i link di altre blogger che erano insieme a me. Potete leggere anche i loro racconti e le loro ricette, perchè vi assicuro sono fantastiche!
Rosy Cantarino: http://sonoinvacanzadaunavita.it/
Caroline Schoning: https://carolinesgourmet.no/
Mara Monti: https://viaggioslow.wordpress.com/2017/02/28/torino-san-salvario-un-borgo-che-non-dorme-mai/