Ed eccomi, ad una settimana di distanza dal mio viaggio a Torino, a raccontarvi tutto quello che è stato per me il Festival del giornalismo alimentare.
Tutto è iniziato con un lunghissimo viaggio in treno, reso accettabile dal panorama, soprattutto dal paesaggio ligure, che alterna spettacolari viste di mare a storici paesini arroccati che danno il senso della meraviglia della nostra Nazione. Un ringraziamento particolare va alla ragazza che ha passato tutto il tempo a mangiare, senza mettere su un grammo, facendomi venire così fame che ho sfiorato il cannibalismo.
Per essere un vero cittadino torinese – e perché come LargoBaleno sono sempre più in banca rotta – ho deciso di non andare in albergo, ma di prendere in affitto un mini-appartamento tramite la piattaforma Air-Bnb: la proprietaria è stata gentilissima, la casa era bellissima, ed ho fatto subito amicizia con l’anziana dirimpettaia ed il suo cane.
Piccolo problema: all’andata la casa mi era sembrata così vicina al centro della città, che la mattina dopo, il primo giorno del Festival, mi sono incamminato con tutta calma verso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, perdendo tempo a fotografare i tram (per me una assoluta novità) o le statue nei parchi (anche questa una bella novità rispetto a dove vivo), salvo poi accorgermi di essere in ritardo.
Immaginate un LargoBaleno spaesato con la macchina fotografica e lo zainetto a correre per Torino. Si, mi sono fatto riconoscere.
Superato anche il momento imbarazzante dell’accreditamento, e ricevuta la mia superbusta da accreditato (che amo ogni anno di più, un po’ come quelle buste che i bambini desiderano al giornalaio, piene di giocattoli e libretti da colorare) con tutti i depliant utili non solo ad affrontare al meglio il Festival, ma a vivere a pieno una esperienza di gusto a Torino, e con dei cioccolatini deliziosi che ho finito praticamente subito, ho preso posto in sala.
Ad inaugurare il Festival, sono stati i saluti istituzionali di Chiara Appendino (Sindaca di Torino), Antonella Parigi (Assessore Cultura e Turismo Regione Piemonte) ed Elisabetta Barberis (Prorettrice dell’Università di Torino). Ho iniziato fortemente ad invidiare i torinesi, devo ammetterlo. Anche solo per il fatto che loro possono utilizzare il termine SindacA al femminile senza ricevere proteste.
A seguire, il primo panel dal titolo “Si fa presto a dire sostenibile. Impatto ambientale e sprechi nella filiera alimentare”. Sono stati tanti gli interventi, e tante le nozioni interessanti, a dimostrazione del fatto che il tema degli sprechi è ancora al centro dell’attenzione, e rimane un tema caldo da sempre. E’ stato molto interessante osservare i vari punti di vista degli speakers: da chi si è concentrato sulle scelte locali, sottolineando l’efficacia ad esempio del metodo “Life Cycle Assessment” nelle politiche legate alle mense scolastiche, a chi ha preferito dare un quadro mondiale, prendendo le distanze dagli scetticismi di chi, come Trump, appella come “bufale populiste” tutte le critiche legate ai problemi ambientali (e di conseguenza civici). Mi è piaciuta in particolare una frase di Luca Mercalli (climatologo e giornalista scientifico) che vi riporto (ma potrebbe non essere letterale):
“Acquistare cibo è una scelta etica, ma spesso non abbiamo la possibilità di fare una scelta ragionata, perché non ce ne lasciano il modo”.
Pausa caffè: quel momento in cui giornalisti, foodblogger, studenti, appassionati di materia ed intrusi vari, si gettano sui banchetti di “Caffè COSTADORO”. Era la prima pausa caffè, quindi c’era una generale freddezza, ma soprattutto la necessità di apparire professionali agli occhi altrui. C’erano anche delle file composte ed ordinate. Peccato che io abbia sbagliato, ed invece di prendere un espresso, mi sia ritrovato tra le mani una strana miscela fruttata fatta in infusione e nella quale non mi hanno lasciato mettere lo zucchero. La miscela non rientrava nei miei gusti, ma come ha fatto notare una signora “il cibo non si rifiuta mai”.
Novità di questa edizione 2017 del Festival: non più una sola sala, ma due sale con la possibilità di scegliere gli interventi da seguire.
Mi sono buttato su “Bere a chilometro zero”, sia perché mi interessa il tema dell’acqua, che ancora non viene considerato a dovere, sia perché l’alternativa era “L’arrosto del giorno dopo” che, in quanto LargoBaleno, non conosco dato che in casa mia l’arrosto (come qualsiasi altro piatto) finisce subito.
Il panel mi ha soddisfatto, ma non fino in fondo. Sono state poste tutte le domande che mi interessavano: “Aumentano o diminuiscono le persone che bevono acqua dal rubinetto piuttosto che in bottiglia?” “La crisi economica influisce?” “Qual è stato il ruolo del referendum sull’acqua bene comune?”. Sono stati dati sguardi alle normative sull’acqua, sul concetto di acqua alimentare rispetto all’acqua ad uso industriale, sull’etichettatura e la comunicazione delle informazioni dell’acqua “del Sindaco”. Quello che mi avrebbe davvero fatto piacere, sarebbe stato un confronto, che è mancato dato che al tavolo erano tutti chiaramente schierati a favore dell’acqua del rubinetto rispetto all’acqua in bottiglia.
Sia chiaro, anche io sono d’accordo con questa impostazione, per motivi ambientali, economici, etici, culturali. Ma ero curioso di conoscere l’idea contrapposta.
Pranzo: preparato dagli studenti dell’Istituto Alberghiero, è stata un’altra novità di questa edizione del Festival. Molto professionali, sia in cucina che in sala. Mi ha sorpreso vedere come riuscissero ad essere eleganti camminando con enormi vassoi di cibo, anche in mancanza di spazio e sotto l’assalto di tanti comunicatori del cibo affamati. Bravi!
Il mio pomeriggio è stato dedicato al rapporto tra blogger e giornalisti, ed a tutto ciò che riguardava la critica enogastronomica in relazione al mondo del web.
Si, mi aspettavo davvero molto da questi panel, perché in fondo è il mio mondo. Ed ero pronto ad essere super critico. In effetti lo sono stato, ma non verso il panel, piuttosto verso alcune esternazioni a mio avviso infelici di alcuni dei relatori.
Mi è piaciuto tanto l’intervento di AnnaMaria Pellegrino dell’Associazione Italiana Food Blogger. Mi è piaciuto il suo modo di impostare il discorso, rispondendo alle critiche (sempre le stesse…) rivolte dai giornalisti, per i quali sui giornali ci sarebbe un controllo di veridicità delle informazioni trasmesse, mentre sui blog chiunque potrebbe scrivere qualsiasi cosa. AnnaMaria ha sottolineato che è vero, gli iscritti all’Associazione, ed in generale i blogger, non rispondono ad un codice deontologico, ma ad un codice etico.
Forse sarebbe giusto aggiornare un po’ la visione che si ha dei food blogger. Ci tengo a chiarire che a dispetto di quanto è stato detto in sala, non siamo assunti dalle aziende, e non ci vendiamo per dei prodotti da sponsorizzare. Per altro, le aziende non ci regalano niente. Non a noi foodblogger qualunque. Quindi quello che scriviamo, tendenzialmente è ciò che pensiamo. Un po’ come è giusto che sia!
E c’è bisogno di aggiornamenti anche dal punto di vista normativo, come ha giustamente detto Nicoletta Polliotto (Digital e Commincation Project Manager) su tutte quelle figure che sono ancora in bilico e che non hanno delle linee guida. Come il Digital Food Marketer.
Una standing ovation anche per Giuseppe Giulietti (Presidente Federazione Nazionale Stampa Italiana), che ha chiarito:
“I food blogger non valgono meno dei giornalisti se sono spinti dalla curiosità”.
A conclusione del pomeriggio ho capito che, nonostante sia passato un anno, le posizioni di astio di alcuni rigidi giornalisti verso il mondo dei blogger non sono cambiate di una virgola. E questo dispiace perché sul tema c’è bisogno di confronto, di cooperazione, di coordinamento, come dimostra il Festival stesso, perché insieme è possibile fare di più e fare meglio, ovviamente ognuno con le proprie competenze e capacità, nel pieno rispetto dei ruoli.
A domani per il Giorno 2!