In questa giornata del 19 Marzo, si festeggia San Giuseppe e quindi la Festa del Papà. Non sono credente, quindi la connotazione religiosa di questa festività non la sento. Del resto in origine la Festa del Papà pare che fosse una festa civile.
E per me lo è sicuramente oggi. Una festa priva di carattere religioso, ma dal forte significato sociale e culturale.
Ma cosa significa essere padre (o meglio babbo)? E’ una rinuncia. Un babbo rinuncia a qualcosa, a una parte del proprio tempo, della propria libertà, del proprio lavoro, del proprio orgoglio, della propria testardaggine, del proprio cuore, per donarla al proprio figlio.
Passare da una generica libertà di fare ciò che si vuole, dall’essere autonomi, a diventare persone al servizio di un altro essere che deve crescere tanto fisicamente, quanto moralmente e culturalmente, non è facile.
Ecco perché penso che non tutti debbano diventare padri ed in generale genitori. E penso che non solo alcuni possano farlo.
Perché un babbo non deve essere il vecchio pater familias, che si limita a dare la carota, con la paga del proprio lavoro, ed il bastone, con i rimproveri nudi e crudi. Un babbo è qualcosa di più.
Ecco perché penso che un babbo possa crescere bene un bambino anche da solo, senza essere accusato e compatito. Un po’ come Pinocchio è cresciuto bene con il suo Geppetto, in un rapporto simbiotico che ha aiutato entrambi a diventare un po’ migliori con il tempo, e con qualche sbaglio.
Ecco perché penso che due babbi possano crescere bene un bambino, collimando le differenze personali e colmando le carenze che, in quanto persone, tutti abbiamo, maschi e femmine indistintamente. Un po’ come il Principe Azzurro è cresciuto bene col padre, il buon divertente re, maldestro e credulone, e con il suo consigliere, rigido e ligio alle regole.
Chiusa questa parentesi iniziale, passiamo al parlare di cibo. In 24 anni da LargoBaleno ho imparato una cosa: in Italia per ogni ricorrenza c’è un dolce tipico. Potremmo semplicemente svegliarci e chiederci “qual è il dolce tipico di oggi?”
Non è facile dare una risposta per il 19 marzo e la festa del papà, perché i dolci sono molti e variano per nome o composizione da regione a regione e da paese a paese.
Ci sono i bignè di San Giuseppe.
Ci sono le zeppole con la crema pasticcera e le amarene.
Ci sono le frittelle di riso.
Ci sono le raviole, con la marmellata o la crema.
Ci sono le zeppole.
Ci sono le crespelle.
Ci sono le castagnole.
Se volessimo trovare degli elementi in comune a tutte queste ricette, per descrivere il dolce tipico per la festa del papà, potremmo indicare la dimensione (sono tutti dolci di piccole dimensioni, bocconcini o comunque monoporzioni), il metodo di cottura (sebbene i più avanguardisti ed attenti alla salute stiano sperimentando le cotture al forno, sono in generale tutti dolci fritti), e la farcitura (ho visto frittelle di riso ripiene di nutella, ma non è questa la ricetta tradizionale: di solito, ove è presente, la farcitura è a base di crema pasticcera).
E poi c’è da sottolineare l’avvento dei baffi. Quei baffi che sono nati come simbolo per indicare una cultura stilistica ricercata, classica ma allo stesso tempo rivoluzionaria, associata generalmente ai così detti “hipster”, leggermente arricciati, sono stati quest’anno il simbolo della festa dei papà. Del resto i baffi, e la barba, sono una dei simboli che i bambini associano alla figura del babbo, e che li rende differenti. Io stesso ho ceduto: quest’anno, oltre alle frittelle di riso, ho scelto un dolce diverso. Pan di spagna tagliato a forma di baffi, ripieno di crema e gocce di cioccolato, e ricoperto di cioccolato fondente.
E voi?
Come avete passato la festa del papà? Avete trovato difficoltà nel fare un regalo al “vostro vecchio”, come l’ho avuta io? O da babbi, come l’avete passata?