Di quella volta in cui ho amato un pasticciotto – Capodanno parte 1

30 Dicembre 2015 – Partenza

Caro Diario,

finalmente è arrivato il grande giorno. Non importa che mi sia svegliato alle 4 dopo sole due ore di “sonno”, il volo Pisa-Brindisi rappresenta il meritato premio dopo mesi di duro lavoro; la ciliegina sulla torta per un 2015 difficile ma gratificante.

Ovviamente, vista la fortuna che caratterizza ogni LargoBaleno, sull’aereo mi sono ritrovato al fianco di un bambino strillante e di una anziana signora, probabilmente la nonna, che ha mangiato patatine per tutto il tempo, nonostante l’orario non fosse quello più indicato. Ma importa davvero? L’emozione di poter rivedere amici che vivono così lontani ha battuto ogni nefandezza del viaggio.

Arrivato a Brindisi, nell’attesa dell’autobus per Lecce, ho deciso di fare colazione, ed al bar dell’aeroporto ho infranto quella che mi dicono essere la prima regola del sud: “mai rifiutare del cibo, soprattutto un dolce”. Io ho ordinato semplicemente un cappuccino ed una bottiglietta d’acqua, senza accorgermi che quel menù comprendeva anche un cornetto gratuito. Un cornetto che stranamente non mi sembra appetitoso e di cui non ho nessuna voglia. Un cornetto che il barista ha cercato di farmi accettare ad ogni costo, e che ha incassato l’ultimo definitivo “no grazie” come una coltellata al cuore.

Prima impressione della Puglia? La Puglia è fredda. Gelida.

Arrivo a Lecce grazie all’autobus, in cui l’età media dei passeggeri si aggirava intorno ai 75 anni. Ma un LargoBaleno, vecchio dentro, è sempre benvoluto dagli anziani, quindi meglio così.

La prima cosa da fare, come indicato nel programma che mi sono autoimposto, è trovare l’alloggio per posare lo zaino. Mi danno buca, e rimango senza chiavi a guardare l’obelisco con Sant’Oronzo, in piazza Sant’Oronzo, sperando di essere illuminato in qualche modo. Il Santo mi suggerisce di assaggiare un pasticciotto: ho rinunciato al cornetto dell’aeroporto, ma non posso proprio rifiutare il dolcetto tipico di Lecce. Vado in un bar, nella piazza principale, che avrei chiamato per tre giorni “Bar Sant’Oronzo”, nonostante il nome vero fosse “CinCin Bar – Living Café”, ed ordino un pasticciotto a Michael, il mio barman di fiducia.

Amo il pasticciotto.

Il pasticciotto è un dolce di pasta frolla ripieno di crema calda, una vera delizia. Soprattutto se accompagnato da un caffè Quarta, il tipico caffè di Lecce, venerato al pari di Sant’Oronzo. Non mi meraviglierei se scoprissi che il primo caffè Quarta sia stato inventato dal Santo in persona.

Finalmente incontro la mia amica, quella con le chiavi di casa, e vado a posare lo zaino. Bella la casa. L’abbiamo scelta su AirBnb, un sito che ti permette di trovare case da affittare. Unica pecca: non c’è la colazione, che sul sito era garantita, ad esclusione di una bottiglia di latte fresco ancora sigillato scaduto ad inizio del mese, ed un pacco di biscotti lasciato aperto e quindi rinsecchiti.

Poco male. Poso lo zaino, ed usciamo a vedere il mercato di Lecce, al fianco del castello più grande della Puglia. E’ davvero grande, ma non entriamo perchè non abbiamo il tempo e sarebbe un peccato pagare il biglietto senza poi poter godere dello spettacolo a pieno. Piuttosto andiamo a pranzo. Mi prendo una frisa rustica: un crostone croccante di pane condito con pomodoro fresco, funghi, carciofi ed olive (che a Lecce sono servite costantemente con i noccioli, e lo scopro a mio discapito).

Vediamo il Duomo. E’ davvero bello. Ci fa da guida un signore che si definisce “cieco, con una figlia disoccupata sposata con un uomo ubriaco”. Non so perchè, ma il suo modo di parlare ci convince, e chiede solo 2 euro. Forse è il leccese che ci piace. Forse il fattore folkloristico che si perde nelle guide cartacee o con le guide professionali. Non penso che ci abbia detto cose storicamente credibili. Riassumendo i suoi insegnamenti: il Duomo era chiamato “Duomo del 500” perchè costruito nel 1500, quando Oronzo era solo un Vescovo. Il terremoto ha distrutto il Duomo, sono morte delle persone, ma Oronzo era un Vescovo di buon cuore, e quindi dispiaciuto chiede la grazia al Signore, che salva 10 persone dal terremoto. In cima al duomo un leone, che ne è il simbolo. Ho provato a contraddirlo, perchè il simbolo di Lecce è in realtà una lupa, e lui dice che la lupa era stata chiusa in un’altra chiesa per 50 anni, nutrita solo con la carne.

Riusciamo a scappare dalla nostra guida improvvisata, e ci perdiamo. Lecce non è grande, ma le strade sono tutte uguali. Ed anche se un saggio giornalaio ci ha detto “vai sempre avanti, non ti puoi sbagliare”, è davvero facile perdersi. Vediamo casualmente l’anfiteatro romano ed altre chiese. Tante chiese. Tutte molto belle.

Torniamo a casa e diamo il benvenuto alle altre due persone che passeranno con noi il Capodanno. Ci dividiamo: i maschi in una stanza, le femmine nell’altra. Non sono abituato al letto matrimoniale: sono un LargoBaleno, mi sento ingombrante anche quando dormo da solo in una piazza e mezzo, figurarsi in un letto matrimoniale con un’altra persona. Ma non è un problema.

Ceniamo, con della pizza maxi e dei calzoni, che dicono essere tipici ma che sembrano dei normali calzoni cotto e mozzarella, però non lo specifico, perchè non vorrei offendere nessuno. La cosa particolare è che la pizzeria fa anche impasto con la canapa. Mi chiedo se sia un impasto verde, e se ti faccia sballare. Noi non abbiamo bisogno di eccitanti, quindi scegliamo l’impasto normale. Mi stupisco per i prezzi: molto più bassi di Pisa. Ed ancora di più per la bontà di quella pizza. Se vi capita, si chiama “9Cento” e la consiglio tanto (anche il locale è molto carino, ed hanno dei cd fantastici, come il primo di Manu Chao).

Dopo cena ci sfidiamo a Taboo. Maschi contro femmine. Ovviamente perdiamo. Non so pronunciare “scala richter” ed il mio compagno non conosce Greta Garbo o Happy Days.

Dormiamo, ed il letto mi sembra addirittura enorme.