Di quella volta in cui ho cenato in aeroporto – Capodanno parte 3

1 Gennaio – Anno nuovo, vita vecchia

Caro Diario di bordo,

Ci eravamo ripromessi che non ci saremmo svegliati prima delle 12.00, e come accade ogni volta che ci si impone di dormire, alle 9.00 siamo tutti svegli, tranne P, il mio compagno di letto, che continua a dormire e russare in modo così strano da farmi quasi preoccupare.

Io mi vado a buttare nel letto di E e D, e come un trio di ragazzini alle prese con il primo post pigiama party, uccidiamo con il solletico la più piccola del gruppo. Siamo dei bulli. Tanto bulli che svegliamo P. La colazione ci aspetta! No, non ci siamo cucinati niente stavolta: abituato ai prezzi di Pisa, è un piacere bere un caffè con un pasticciotto al bar di fiducia. Anche se, come dice E, in Sicilia costa tutto ancora meno (ed io mi chiedo come sia possibile in una sola Nazione una divario così forte tra i prezzi di cose essenziali e semplici, come il caffè).

Per la prima colazione dell’anno, ovviamente non possiamo che trovare il barista di fiducia: Michael. Si, in tre giorni soltanto è diventato il mio barista di fiducia. Come si può non amare un ragazzo tatuato e con la barba, vestito elegante con la tenuta del locale, che ti confida che “il 2016 è iniziato di m***a”? In fondo il rapporto che si crea tra un affamato di pasticciotti ed un barista è così profondo che non può che diventare immediatamente confidenziale. Ed è il bello della figura del barista. Tanto è vero che se mi si presentasse davanti una persona schiva, fredda, antipatica, persino il miglior pasticciotto della terra mi andrebbe indigesto!

Proviamo a scoprire perchè il 2016 vada invece indigesto a Michael. Non lo capiamo. Riusciamo solo a scoprire che non gli dispiacerebbe trovare 100.000 euro a terra. Io mi accontenterei anche di 10.000.

Con P, E e D torniamo a parlare di noi, delle nostre prime impressioni, di quando ci siamo conosciuti e di quello che pensiamo gli uni degli altri. Una sorta di brain storming che chiarisce molte cose e che mi fa capire che al mio fianco non ci sono solo delle persone, ma degli amici. Ed ecco che E, l’artista del gruppo, ci delizia con una delle sue riflessive domande poetiche: “se foste un animale, quale sareste”? Ovviamente non rispondo una balena, perchè sarebbe scontato e fin troppo ovvio. Ci penso, perchè è una domanda difficile. “Sono un animale indipendente e razionale”. E’ P a trovare una soluzione: un procione. Che poi scopro essere l’animale utilizzato dalle coppie per definire una rottura.

Vorrei richiamare Michael, perchè il mio 2016 è partito più deprimente del suo! Ma ho il pasticciotto.

Finalmente ci alziamo, decisi a visitare il resto della città di Lecce che era rimasto nella penombra in quei giorni.

Prima tappa: teatro romano, che conteneva 5000 spettatori intrattenuti da tragedie e commedie recitate al suo interno. Si risveglia l’animo di E, che percepisce l’arte nell’aria. Non fa niente di particolare, solo le si illuminano gli occhi ed il sorriso (che comunque è sempre luminoso ed illuminante. E’ siciliana, non potrebbe essere altrimenti!).

Seconda tappa: Porta Napoli. Non la troviamo. Chiediamo informazioni, perchè gli smartphone non ci aiutano, e perchè così è più bello ed affascinante. La risposta è sempre la stessa: sempre avanti, non ti puoi sbagliare! Si, in effetti la città sembra composta di strade identiche, ma così non è. Alla fine riusciamo ad arrivare alla porta, ed è davvero stupenda anche se troppo elogiativa (è stata costruita in onore di Carlo V).

La terza non è una vera e propria tappa. Semplicemente mentre camminiamo ci ritroviamo davanti ad Al Bano Carrisi. No, non proprio lui, ma l’insegna della cantina con il vino delle sue tenute. Non entriamo perchè non è il momento del vino, e perchè è chiusa. Però ci concediamo una cantata davanti ai turisti impressionati (penso per le mie stonature).

nostalgia canaglia
che ti prende
proprio quando non
vuoi ti ritrovi con
un cuore di paglia
e un incendio
che non spegni mai

Quarta tappa…una chiesa. E’ davvero bella all’interno, e scopro solo all’uscita che non avrei potuto fare foto. Peccato che non mi ricordi il nome, ma verosimilmente è la Chiesa di Sant’Irene ai Teatini. Era lei la prima patrona della città, quindi si merita una bella Chiesa.

Quinta tappa: passiamo dentro al Palazzo della Provincia, dove c’è un albero di Natale molto carino ed una lavagna sulla quale poter scrivere i propri pensieri. Noi non scriviamo niente, perchè i pennarelli non funzionano o sono rotti. Attraversiamo l’androne ed usciamo nel parco pubblico, la Villa Garibaldi.

Siamo stremati, ed abbiamo fame. Andiamo a pranzo, stavolta in un locale che fa cucina tipica, e prendiamo rustici e panzerotti. C’è un proverbio: chi non mangia un rustico in compagnia, o è un ladro o è una spia. Noi siamo in 4, i quattro dell’Apocalisse, quindi non possono darci dei ladri o delle spie. Tutto buonissimo, ma con un solo neo. E’ arrivato il momento di salutare E. La abbraccio.

Ciao E, sei una ragazza speciale, e come ti ho sempre detto, ti invidio perchè hai un’anima talmente grande da farmi sentire piccolo, nonostante io sia un LargoBaleno. Ti voglio bene, e prometto che troverò le carte salentine per te.

Io, D e P lasciamo Lecce. Passiamo da una porta, Porta S. Biagio, ed andiamo alla stazione. Scopro che il biglietto del treno Lecce-Bari costa più di 20 euro, ed è una bella botta per chi sperava di spenderne circa un terzo. Ma passa tutto in secondo piano, perchè è il momento di salutare D.

D, la più piccola del gruppo, la più dolce e docile, da proteggere ed abbracciare a tempo perso. Un gatto, come lei si è definita. Ed anche mentre la abbraccio mi sembra di sentire le sue fusa. Cosa mi piace di lei? La voglia di rivalsa.

Siamo rimasti io e P. I due maschi. Entriamo nel nostro vagone del treno, ed i posti ci tengono separati. 8A io, 7D lui. C’è una signora al suo fianco, le chiedo se possiamo scambiarci di posto, ma con una serie di scuse rifiuta l’offerta. Scrivo su whatsapp a P, e mi metto a spulciare le foto dei vostri Capodanni su Instagram. Poi sento una voce improvvisa: è la signora che mi chiede di cambiare posto perchè il mio le piace di più. Accetto volentieri, anche se vorrei darle un semplice “no grazie” come risposta.

Finiamo il viaggio in treno parlando della Puglia in generale, perchè P è pugliese. Ma anche del giappone, perchè ha una approfondita cultura della Nazione orientale. Ed alla fine ci mettiamo a cercare dei Panda su delle foto. Io non li vedo, ovviamente.

Arriviamo alla stazione, e la mamma di P si offre di accompagnarmi all’aeroporto di Bari. Bari è enorme! E lei guida addirittura sul lato sinistro della carreggiata, su una strada a tre corsie. Io sono abituato a MammaBalena che al massimo ingrana la terza e che parcheggia solo al supermercato, dove c’è lo spazio per i tir. Lo devo ammettere, non ho ancora chiamato MammaBalena, che è sempre più arrabbiata. Ma pare brutto farlo in macchina, così parliamo di Gigi D’Alessio, di Caparezza, e della zampina di Sammichele.

All’aeroporto saluto anche P. E’ stato la mia spalla destra sia a Milano che in Puglia. In generale è dotato di una innata capacità di farmi ridere, ed allo stesso tempo di affascinarmi con la sua cultura disarmante. Ciao P, ci rivedremo quando conquisterai il mondo.

Vado in bagno. All’aeroporto di Bari hanno bagni fantastici. E compro anche un libro, che però non ho ancora letto e di cui vi parlerò prossimamente. Arrivo al gate, ma manca ancora troppo tempo prima della partenza. Decido di cenare, perchè ho fame ed è tardi, ma prima chiamo MammaBalena. E di conseguenza tutti i LargoBaleni che mi tengono al telefono per almeno un’ora. Quando mi libero vado all’unico posto che vende panini all’interno dell’aeroporto, e per un panino ed una coca cola light, spendo quasi 10 euro. Un visibilio! Almeno è buono, ed alle sedute ci sono le prese per ricaricare il telefono.

Finalmente ci imbarcano sull’aereo (non so perchè si utilizzi il termine imbarcare e non inaerare). Io sono solo, posto al finestrino come mi succede sempre (e non mi lamento, è il migliore!), ed inizia a salirmi l’ansia. Avrò al mio fianco un bambino urlante? O una nonna che mangia patatine? O ancora peggio, uno di quei signori che ho visto bere birra al bar, e che erano sbronzi già da ore? Niente di tutto questo. Mi è andata anche peggio! Mi affianca una coppia di ragazzi probabilmente miei coetanei, che non appena si siede, senza neanche salutare, inizia a baciarsi. E lo fanno per tutto il viaggio. Io purtroppo non so dormire a comando, tantomeno su un aereo, e mi sorbisco tutta la scena. Il viaggio sembra durare un’eternità, ma arriviamo a Pisa.

Sembra strano, ma mentre cammino sulla pista d’atterraggio diretto verso la via d’uscita dell’aeroporto, non riesco a fare altro che cantare Al Bano:

nostalgia nostalgia
canaglia
di una strada
di un amico
di un bar
di un paese che
sogna e che sbaglia
ma se chiedi
poi tutto ti da’