Capita ormai sempre più di rado che mi conceda una colazione dalla NonnaBalena. Abbiamo orari diversi, ritmi diversi, case diverse. Ma una cosa ci accomuna: la passione per il buon cibo e le sane abitudini.
Quando ero un bambino, capitava che passassi la notte a dormire a casa della NonnaBalena, con cui avrei passato la mattinata, esonerato dalla scuola e dai compiti. Le colazioni dalla NonnaBaleno iniziavano alle 09.30, puntuali, per proseguire fino al pranzo ad intervalli regolari di un’ora. Il piatto forte era una fetta di pane tostato con sopra il burro, quello buono, ben spalmato.
Poi sono cresciuto. Abbastanza da meritara una tazza di caffè. Il caffè vero, quello napoletano, fatto con la moka e le miscele che le arrivavano direttamente da Salerno, dove è nata ed ha passato gran parte della sua vita. Quel caffè che non risulta dolce neanche con quattro cucchiaini di zucchero, così nero da potertici specchiare dentro. Mi faceva un po’ paura quel caffè, perchè era nero, e perchè dicevano che i fondi potevano rivelare i segreti più nascosti di chi lo aveva bevuto. Ovviamente il tutto veniva accompagnato da un proverbio, che diceva più o meno “il caffè va bevuto rispettando le tre C: deve essere Comodo, Caldo e Carico. Molto carico. Così tanto che la torta di mele, fatta rigorosamente da NonnaBalena, sembrava leggera.
Oggi, dopo tanto tempo, sono andato a casa di NonnaBalena per colazione, puntuale, alle 9.30. Perchè le tradizioni vanno rispettate.
Lei, anche se non mi aspettava, aveva la moka già pronta, con il caffè nero bollente a borbottare al suo interno, sperando che qualcuno spengesse la fiamma.Mi vieta ancora oggi di fare il caffè, perchè “lei è napoletana quindi è cosa sua”.
Io, in compenso, le ho portato il dolce. Non una torta di mele, perchè il tempo per prepararla mi manca, ma una sfoglia alle mele. Una sfoglia che anche se comprata al bar sa di casa. Sa di infanzia.
E’ quella sfoglia della pasticceria vicino casa, quella davanti alla quale sono passato ogni mattina per molte mattine. Quella in cui ho preso caffè veloci, al bancone. Dove ho scoperto l’esistenza dei muffin. Dove ho imparato a distinguere il ginseng dall’orzo. Davanti al quale ho svolto uno dei miei primi lavori. Insomma, quella pasticceria che sa di casa. Quella pasticceria in cui io e NonnaBalena abbiamo trovato un punto d’incontro che evitasse di perdere tempo nel preparare una torta di mele ogni volta, per colazione, ma che non ci obbligasse a comprare le merendine del supermercato. La sfoglia di mele.
Per chi vive in un Comune dispersivo, come quello di Cascina, è difficile trovare un luogo che sappia di casa, a cui affezionarsi. Sono tutti sempre “troppo poco”. Troppo poco accoglienti. Troppo poco buoni. Troppo poco professionali. Troppo poco spaziosi. La pasticceria Mannocci è una splendida eccezione: un sorriso ad accogliere chiunque, prodotti di qualità straordinaria ed innovativi, in grado di stupire ogni volta (anche se la sfoglia di mele, classica, rimane insuperabile), con la possibilità di bere un caffè e fuggire, o di accomodarsi e riflettere sulla vita.
Lo ammetto, nel portare una sfoglia di mele alla NonnaBalena mi sono sentito un po’ come Cappuccetto Rosso. La differenza è una soltanto: mia nonna non si farebbe mai fregare da un lupo, ed anzi, lo cucinerebbe in umido con le olive!