Gli ultimi due anni sono stati un vero e proprio salto nel tempo. È volato per tutti, anche quando il mondo sembrava andare a rilento. Ancora più veloce per noi che siamo nati a cavallo tra il 1980 e il 1990; noi che abbiamo 30 anni.
Passare dagli “enti” agli “enta” è un attimo impercettibile, idealmente una cosa di poco conto che ci porta a farci mille domande. È paragonabile solo a dare una macchina in mano a chi non ha neanche la patente di guida!
Il bisogno di essere autonomi
Il primo passo che ci fa effettivamente sentire più trentenni che ventenni è un urgente ed estremo bisogno di autonomia. Noi, che siamo stati cresciuti con la voglia di abbattere tutti le barriere sessiste e che proprio per questo siamo egualmente incapaci di essere autonomi.
Chi è nato negli anni ’90 non ha dimestichezza con ferro da stiro e lavatrice, ad esempio. Quello era il regno delle nostre mamme ed avevamo il divieto assoluto anche solo di avvicinarci a questi attrezzi infernali. Ma – sorpresa – i panni non si stirano da soli.
Nessuno poi ci ha mai detto di fare una voltura del gas, tanto che mi è preso un mezzo infarto alla prima bolletta arrivata a casa, dove viviamo rigorosamente in affitto. Perché proprio in affitto? Semplicemente perché la nostra è la generazione che ha puntato molto sull’Università e sugli studi, per poi ritrovarsi senza un lavoro stabile, a combattere tra master, tirocini, partite iva (ovvero con la temibile instabilità economica).
A metà tra i boomer e i millenials
Avere 30 anni oggi, significa anche vivere in un limbo indefinito. Ci troviamo perfettamente a metà tra la scorsa generazione, troppo legata alle tradizioni, alla morale, alla battaglia per il profumo dei libri cartacei sopra ogni cosa, e quella che viene definita generazione z.
Noi che siamo su tiktok ma abbiamo troppo pudore per cedere ai video virali, ma che ai colloqui di lavoro ci dobbiamo dimostrare sempre sul pezzo. Noi che al massimo riusciamo ad accettare la challenge “scrivi su Instagram i tuoi 5 cibi preferiti”, senza sentirci ridicoli.
Avere 30 anni oggi è proprio questo: vivere con addosso le aspettative di chi ci ha preceduto e combattere con i limiti del non essere più giovanissimi.
Avere 30 oggi è come essere in guerra
Scriveva così Adalgisa Marrocco in un bellissimo articolo pubblicato sull’Huffington Post nel 2019. E come darle torto?
Solo che oggi, nel 2022, è come vivere dopo una guerra nucleare. Siamo quei sopravvissuti alla distruzione della pandemia che – nonostante tutto – ha colpito noi in modo preponderante, impedendoci di vivere davvero i nostri 30 anni.
Siamo quelli che rischiavano di trasformarsi in zombie, di ritrovarsi a vagare senza un senso razionale e ragionevole. Eppure siamo ancora qua (meglio di Vasco e più in forma di prima), affamati di sogni e di concretezza.
La cura per i trent’anni?
Non so perché, navigando sui social o aprendo Internet vengo bombardato di rimedi contro la vecchiaia. Sinceramente non mi sento vecchio, né credo che abbiamo bisogno di pozioni magiche per questi nostri trent’anni.
Ci ho pensato ed ho dato una sola risposta a questa domanda: la vera cura per noi trentenni di oggi, è prenderci le nostre libertà. Quelle che avevamo da bambini quando andavamo in bicicletta urlando “noi siamo gli intoccabili e voi ci avete rotto”. Che quando tornavamo a casa ci mangiavamo il pane col pomodoro e abbondante olio, in stile casereccio, senza sorbirci il pippone sul metabolismo lento. Di quando dopo pranzo ci guardavamo Buffy l’ammazzavampiri, facevamo un pisolino e poi di nuovo carichi per dare sfogo alla nostra fantasia.
Probabilmente questo articolo non c’entra niente con un blog a tema “food”. Prendetelo per com’è: uno sfogo, una riflessione, una rivendicazione di libertà.