Dopo avervi raccontato in generale dell’ultima edizione del Festival del Giornalismo Alimentare, voglio oggi dedicare un post ad una tematica che mi sta particolarmente a cuore: il rapporto che connette il cibo, nelle sue varie sfaccettature, con le migrazioni.
CIBI E STORIE PER L’INTERCULTURA E L’INTEGRAZIONE
Durante lo svolgimento del Festival è stata dedicata una apposita sezione a questo tema nella giornata di Venerdì 22 Febbraio, composta di due parti: un panel ed un laboratorio.
Il panel, dal titolo “Cibo e migrazioni”, ha visto la partecipazione di tre relatori: Italo Rizzi (Direttore dell’Associazione Internazionale Volontari Laici), Abderrahmane Amajou (Slow Food) e Lucio Caracciolo (Direttore Limes). Moderato magistralmente da Alessandra Muglia de Il Corriere della Sera, il filo conduttore era rappresentato dal sottotitolo del panel stesso “I migranti scappano per il cibo e con il cibo possono avvicinarsi alle nuove culture che li accolgono”.
Con semplicità sono stati espressi ed argomentati i grandi paradossi del Mondo di oggi. A partire da una urbanizzazione crescente (fin troppo) delle nostre città a scapito di un mondo rurale parallelo, come quello africano. Il timore (stupido) di una invasione di stranieri in Italia, quando in realtà oltre il 90% dei flussi migratori sono interni all’Africa stessa e sono dovuti in gran parte ai cambiamenti climatici od al caos civile. Il concetto di RESILIENZA, spesso utilizzato in modo errato ovvero per indicare solo una passiva resistenza, ma che in realtà racchiude una forte voglia di rilancio, di cambiamento.
Gran parte delle risposte a questi paradossi si può trovare nella comprensione che non abbiamo bisogno del pluriculturalismo, di affiancare tante culture diverse mantenendo alti i confini, ma di multiculturalismo, di dialogo e scambio reciproco tra le tradizioni.
E quale posto migliore per dialogare se non la cucina?
Lo so, sono di parte, ma la trovo un’idea brillante perché la cucina è il posto dove più ci mettiamo a nudo, dove ogni movimento, ogni ingrediente, ogni sapore, può raccontare più di quanto riusciamo a fare con l’uso della parola. E’ a questo che mira il progetto “Le ricette del Dialogo”, promosso da LVIA in Piemonte con la collaborazione dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Slow Food, Associazione Renken, Cooperativa Colibrì; Associazioni della diaspora africana Panafricando e Asbari, Città di Torino e Regione Piemonte. Penso che riuscire ad unire in un progetto così tante realtà sia già in partenza una grande vittoria. Se poi il messaggio trasmesso è quello di un proverbio arabo che recita “Non conosci realmente qualcuno finchè non ci mangi insieme”, la vittoria diventa una conquista per l’umanità intera.
Il Progetto è attivo in sei province del Piemonte. Lo scopo è stato ben espresso dal coordinatore del tema Migranti a Slow Food, Abderrahmane Amajou: “attraverso la promozione della solidarietà e dell’interazione tra le diverse culture si intende fornire ai cittadini gli strumenti pratici per trasformare i patrimoni culinari in competenze qualificate per diventare autonomi e creare economia nel settore alimentare”.
E’ proprio vero che il cibo non conosce barriere. Lo abbiamo vissuto in prima persona nel laboratorio “Ricette d’Africa” presso l’Istituto Alberghiero Beccari di Torino.
Ci siamo subito persi nel labirinto di corridoi della scuola (per curiosità, in realtà, perché gli studenti che ci hanno accompagnato erano davvero bravi). Lo ammetto, è stato emozionante entrare in una Scuola Superiore così piena di vita, e per un attimo mi sono sentito vibrare l’anima dalle spinte rivoluzionarie che mi guidavano da adolescente, quando ero solo un LargoBaleno in fiore. Mi è tornata anche un po’ di paura temendo qualche improvvisa domanda di fisica (andavo davvero male in quella materia ed il trauma non l’ho ancora superato).
Indossata la cuffietta ed il camice da aiutante cuoco, l’emozione è raddoppiata ed abbiamo conosciuto le tre cuoche che sono state le nostre maestre per una intera serata: Hawa, nata in Guinea; Veronica, originaria del Ghana; Amy, senegalese ma a Torino da 2/3 della sua vita.
Il merito di Hawa, Veronica ed Amy (ed in generale di tutto il collettivo Ricette d’Africa) non è stato solo quello di aver messo in riga una classe indisciplinata di blogger e giornalisti curiosi, insegnandoci a preparare le frittelle di manioca più buone dell’Universo, un Bissap (infuso di Karkade) coi fiocchi, ed un ginger delizioso (voglio credere per la mia abilità del tagliare l’ananas che lo ha reso particolarmente perfetto).
Il loro merito più grande è stato quello di averci aperto la mente, di aver cacciato la diffidenza per una cucina del tutto nuova, di averci coinvolto nelle loro storie.
Il profumo dei fiori di karkadè, che si spandevano nella cucina mentre grattugiavamo la manioca e spremevamo lime, è stata un’esperienza unica. Lavorare col sorriso, senza prenderci troppo sul serio, ma allo stesso tempo approfittare della professionalità delle tre cuoche davvero esperte per carpirne i segreti ed i trucchi ai fornelli, mi ha fatto sentire come una boa in mezzo al mare. Pronta ad ondeggiare tra le spinte delle tradizioni per fare capolino sull’acqua e poter sbirciare terre lontane mai raggiunte prima, ma allo stesso modo incredibilmente familiari. Le tre cuoche sono state per noi delle onde, cariche di cultura, e chiudendo gli occhi abbiamo visto nitidamente l’Africa, senza esserci mai stati, grazie alla loro cucina.
Il potere del cibo è davvero immenso, e l’Associazione Renken Onlus, che ha progettato il percorso, lo sta veicolando nel modo migliore di tutti.
Felice di averlo assaporato. Ancora più felice di raccontarvelo, sperando di farvi vivere quelle stesse emozioni.
Per saperne di più:
- Associazione RENKEN Onlus: è un’associazione di cooperazione internazionale attiva in Italia ed in Senegal da 12 anni nella promozione sociale e dialogo interculturale. Sul sito potete seguire le loro attività;
- Ricette d’Africa: è un collettivo di cuoche africane nato da un percorso di formazione rivolto a venti donne per sviluppare laboratori interculturali di cucina e innovative esperienze di ristorazione.
- Le ricette del dialogo: cibi e storie per l’intercultura e l’integrazione