I territori della Toscana e il loro prodotti: il Casentino

Adesso a quanto pare possiamo dirlo davvero: è arrivata la primavera! Che voi siate degli amanti dell’inverno (come ogni LargoBaleno che si rispetti) o che preferiate il mare ed il caldo, resta un dato di fatto: è l’ora di uscire di casa!

Adesso non è troppo caldo né troppo freddo, la temperatura adatta per una scampagnata. Ed oggi sono qui a proporvi un territorio della Toscana che ben si presta ad essere scoperto in primavera: il Casentino!

Questo territorio è stato raccontato a più voci presso l’Accademia dei Georgofili a Firenze, in uno degli appuntamenti dedicati proprio ai Territori della Toscana ed ai loro prodotti. Una iniziativa nobile di una Accademia forse poco conosciuta ma con una storia indimenticabile: fondata a Firenze nel 1753 per studiare la “toscana coltivazione”, è diventata Istituzione pubblica prima ed “Ente morale” poi, è oggi la più antica Istituzione al mondo ad occuparsi di agricoltura ed alimentazione. Insomma, i Georgofili sono i nostri antenati: i primi foodblogger del mondo, senza che avessero un blog.

[Per saperne di più: http://www.georgofili.it/ ]

La mattinata è stata intensa, ma utile a spiegare tutti i motivi per cui il Casentino è la scelta giusta per una gita fuori porta. Voglio riassumervi questi motivi proprio per punti utilizzando alcuni dei titoli delle relazioni svolte.

Le radici culturali e la memoria. Probabilmente non è una novità che ogni territorio abbia le proprie radici culturali, ma non è così scontato che se ne abbia memoria.

Quella del Casentino è una storia fatta dai diversi territori che lo compongono: era chiamato in passato valle chiusa o grande conchiglia per la conformazione morfologica in quanto gli affluenti dell’Arno si ricongiungono al centro con il fiume formando una sorta di conchiglia. Ogni valle ha la propria storia ed i propri prodotti. Poi ci sono le montagne, con le proprie peculiarità.

Queste storie che compongono le radici culturali e la memoria del Casentino sono conservate e custodite ma non nascoste: è una prerogativa della banca della memoria quella di tramandare questa storia attraverso i materiali audiovisivi che l’ecomuseo ha raccolto negli anni. E per noi amanti del cibo, sappiate che si tratta di materiale relativo alle tradizioni anche enogastronomiche (ricette e testimonianze).

Altri musei del Casentino, molto interessanti e che non voglio spoilerarvi troppo, sono il museo dell’arte della lana, il museo archeologico del Casentino, l’EcoMuseo del Casentino ed il Planetario del Parco Nazionale Foreste Casentinesi.

[Per saperne di più: http://bancadellamemoria.casentino.toscana.it/#
www.museodellartedellalana.it
www.arcamuseocasentino.it
www.ecomuseo.casentino.toscana.it ]

I cammini ed i percorsi culturali. So cosa starete pensando: “ci parli di gita fuori porta e ci fai andare al chiuso, in un museo?” Tranquilli: nel Casentino c’è modo anche di camminare e di scoprire un patrimonio culturale-ambientale di tutto rispetto. Ambiente che viene difeso con una proposta, quella del marchio casentino, e che viene valorizzato con i cammini.

I cammini sono dei percorsi, individuati in tutta Italia, ideati originariamente per motivi naturalistici o religiosi, che consentono di scoprire il territorio senza alcun filtro. Il primo cammino del Casentino è stato progettato sul crinale del monte Falterona, e successivamente ne sono stati ideati molti altri. In ogni caso l’autenticità del territorio ed i prodotti tipici sono utilizzati per creare una rete escursionistica basati sui cammini che devono fornire anche temi culturali e storico-artistici.

Importante è la così detta “multifunzionalità dei cammini”: i percorsi sono adatti ai camminanti, a bikers e cavalli, a persone con disabilità.

Oltre ai cammini è da visitare assolutamente, almeno una volta nella vita, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Il parco dell’anima.

[Per saperne di più: www.parcoforestecasentinesi.it ]

I presidi e le eccellenze del territorio. Dopo aver camminato ed aver ripercorso la storia del territorio, senza dubbio c’è bisogno di qualcosa da mettere sotto i denti. Per vostra (o meglio dire nostra) fortuna ci sono le eccellenze del territorio, e credetemi sono davvero tali.

C’è il “Presidio del prosciutto del Casentino”: l’allevamento dei suini è da sempre una pratica di sostentamento per i contadini. E’ un’antica tradizione recuperata dal consorzio che ne ha ricostruito la filiera produttiva. Ne nascono il Grigio del Casentino (un tipo di maiale, allevato all’aperto e che si nutre prevalentemente del pascolo) ed il Sambudello (tipica salsiccia di carne suina aromatizzata con finocchio selvatico ed aglio).

C’è il “Presidio della chianina”: la chianina non è una razza autoctona del Casentino, ma la sua importanza è tale da essere diventato un prodotto locale.

E come non parlare del “Pecorino del Casentino”, riconosciuto Prodotto Agroalimentare Tradizionale, buono da mangiare sia fresco (Il Raviggiolo è quello tipico) che stagionato o del “Pecorino Abbucciato del Casentino” (o Abbucciato Aretino), altro buonissimo formaggio che ha ricevuto un premio della Sapienza di Roma per le proprietà organolettiche del prodotto.

La lista dei prodotti tipici è ancora lunga: la castagna (e derivati), la patata bianca (sono tipici del comune di Pratovecchio Stia i tortelli di patata bianca), la patata rossa di Cetica (che ha fatto superare al Granducato di Toscana i frequenti periodi di carestia), il fagiolo coco nano (la cui semina avviene proprio di questo periodo),il miele di castagno e melata di abete (prodotti nelle zone di montagna), i tortelli (oltre a quelli di patate, il tortello alla lastra di Corezzo di dimensioni da LargoBaleno), i dolci di Pasqua (panina e ciambelle o berlingozzi), il vino.

Il turismo rurale e l’accoglienza. Quanto fino ad ora descritto, l’unione della storia con l’ambiente, la società, le tradizioni agroalimentari, sono uno specchio del nuovo concetto di turismo che si è venuto a delineare nel tempo: la vacanza non è solo svago ma un vero e proprio momento culturale. In questa ottica le mete privilegiate sono le aree rurali, di cui il Casentino è un esempio virtuoso, dove entrare a contatto con la cultura del luogo ma anche con ambienti salubri.

Ma il Casentino è adatto anche ad altre forme di turismo, nuove o vecchie: al turismo enogastronomico (consumo consapevole di esperienze enogastronomiche), al turismo all’aria aperta (turista in cerca del contatto con la natura), all’ecoturismo (studiare e osservare aree incontaminate), al turismo dei borghi (beni mobili e immobili del borgo raccontati al turista).

La valorizzazione collettiva dei prodotti tipici: opportunità e problematiche

I prodotti tipici basano la loro identità su un forte legame con risorse specifiche del territorio. Sono prodotti che hanno una storia ed una tradizione collegate alla popolazione locale (sono prodotti della comunità) la cui dimensione collettiva (riconosciuta giuridicamente) è valorizzata attraverso le conoscenze di produzione e di consumo condivise.

Il processo per la valorizzazione prevede almeno 4 fasi in un modello circolare (l’accezione positiva del concetto di economia circolare che dovrebbe riprodurre le risorse del territorio, sia fisiche che culturali). Le 4 fasi sono: identificazione (oggettivazione e comprensione) delle caratteristiche tipiche del prodotto e delle relazioni che esistono col prodotto (attività del produttore); il prodotto identificato in base alle caratteristiche deve essere qualificato ovvero condividere regole di produzione in modo da poterle comunicare e garantire all’esterno, fase evidente laddove esiste un disciplinare; remunerazione ovvero vendere il prodotto; riproduzione ed equa redistribuzione del valore del prodotto che consente la sostenibilità del prodotto.

Il Casentino è un territorio ricco di prodotti, ed è un territorio aperto alla collettività. Tuttavia esistono dei punti critici proprio per la geografia del territorio e per la sua storia: dimensioni aziendali ridotte, età avanzata dei produttori, parte montana caratteristica ma marginalizzata. Ma potremmo anche considerarli pregi da un certo punto di vista (le aziende piccole hanno dei valori apprezzabili, e non hanno niente da invidiare alla Grande Distribuzione Organizzata; l’età avanzata dei produttori è garanzia di una tradizione, a patto che si formino nuove leve).

Ma arriviamo al dunque: le aziende del territorio. Ovviamente non sono tutte, vi parlerò di quelle che mi hanno colpito, e che erano presenti alla giornata del Casentino. Se ne conoscete altre, indicatemele: sarò ben felice di scoprirne di nuove!

Osteria Dala Franca: E’ un ristorante anni ’70 di quelli che piacciono a me, con un nome semplice ed una storia da raccontare. Una storia fatta di persone, nonno Carlo e nonna Franca in particolare, che hanno tramandato ai propri familiari ed a tutto il territorio Casentinese una forte passione per il cibo, un amore incondizionato dimostrato sin dalla scelta delle materie prime ma soprattutto dalla voglia di condividere con il Mondo la storia di famiglia.

https://www.facebook.com/Osteria-dala-Franca-1381312615239621/?ref=py_c

Cooperativa zootecnica del Pratomagno: Di pecorini, raviggiolo e ricotta abbiamo già parlato, dobbiamo ora parlare di chi li produce! Il Caseificio del Pratomagno è una cooperativa di allevatori attiva sin dagli anni ’70 (è coetaneo dell’Osteria Dala Franca), e dimostra da sempre una particolare attenzione all’ambiente, agli animali, al prodotto. La missione è dichiarata: “realizzare un prodotto tipico, che partendo oggi come allora da elementi base di estrema naturalità, vada incontro alle esigenze del consumatore”. Il caseificio inoltre è tra quelli atti alla trasformazione del Pecorino Toscano DOP: prodotto di punta per la nostra Regione non solo per il sapore, ma per l’insieme di valori che racchiude.

www.caseificiopratomagno.it

Birrificio Agricolo La Campana d’Oro: E’ senza dubbio tra le aziende che più mi ha colpito per la sua modernità. A partire dal concetto di tradizione e di ricordo, che vengono rielaborati persino nel nome dell’azienda stessa, che rimanda ad una filastrocca del Casentino, ai nomi delle birre che rimandano alla cultura toscana, ai prodotti della tradizione rielaborati a partire dalla birra (taralli, amaro, gelatine). Ma c’è di più: l’azienda è aperta ai visitatori, con soluzioni diversificate in base alle esigenze, con degustazioni e visita al Laboratorio. Le cose che piacciono fare ad un LargoBaleno!

www.lacampanadoro.com

Le chicche del Casentino: E’ un’azienda tra le più giovani, ma non per questo più inesperta delle altre. E’ la storia di chi si innamora del Casentino, di chi ne apprezza il territorio e ne venera i frutti. Confetture, gelatine e sott’oli sono i prodotti principali, la cui materia prima – frutta e verdura – viene prodotta in gran parte dall’azienda stessa. Le fasi di produzione sono eseguite in modo artigianale, e si evitano i tempi morti di stoccaggio e conservazione riducendo la filiera. Mi piace riportare il motto dell’azienda, particolarmente azzeccato: “miscelando accuratamente creatività toscana, fantasia, passione per le antiche ricette tradizionali e tanto, tanto Amore, nascono le Chicche del Casentino una garanzia di qualità italiana”.

www.chicchedelcasentino.it

Fattoria di Selvoli – Cereali di montagna: “Solo cercando di conoscere l’essenza più intima delle piante e dell’ambiente in cui esse vivono, l’essere umano potrà fornire loro le giuste cure colturali e ricevere in dono un alimento di qualità superiore”. Basterebbe già questo slogan, che assomiglia più ad una poesia, per descrivere l’intera azienda. Mi limito ad aggiungere che è una fattoria Bio-certificata, che non utilizza prodotti chimici. Esempio virtuoso di filiera cortissima (o meglio vendita diretta), in azienda si svolgono tutte le fasi dalla coltivazione alla vendita del prodotto. +

www.fattoriadiselvoli.it

Birrificio Bifrons: è un microbirrificio, a conduzione familiare, che per quanto giovane (e giovanile) sa sorprendere. Le birre deliziose, dal gusto originale e capaci di riproporre le materie prime del territorio. In particolare “la bianca”, fatta con frumento non maltato locale, e la “catenaia”, con castagne dell’Alpe di Catenaia e del Pratomagno. Delizioso anche il distillato di birra. Oltre alla fase produttiva, dato che anche l’occhio vuole la sua parte, un plauso alla grafica ed al design delle bottiglie.

http://www.bifrons.it/bifrons.html

Calistro Bistrot: Se siete di Firenze, o capitate in città, e volete assaggiare i sapori e le tradizioni del Casentino, non vi resta che andare in questo bistrot “fast&street”. Il menù ripropone proprio i piatti della tradizione rivisitati in versione Calistro. Il piatto tipico per eccellenza è il tortello alla lastra, disponibile in vari formati (ci sono anche le mezze porzioni e la versione senza glutine) e soprattutto in vari gusti (ho giurato che li proverò tutti e dovreste farlo anche voi!).

http://www.calistro.it/

Di Fiore in Fiore: Ho lasciato per ultima questa azienda, perché è quella di cui mi sono innamorato e quindi voglio concludere parlando di loro. L’azienda è situata a Stia, nel Comune di Pratovecchio Stia, ed avrete capito che producono miele. Sono circa 70 gli alveari, per una produzione variegata di mieli (di acacia, di erica, di castagno, di girasole, di melata di abete, di tiglio, millefiori). Oltre alla bontà del prodotto (ho mangiato persino il favo), ed alla simpatia e professionalità del produttore, è interessante scoprire la tecnica alla base di queste produzioni: la Reiki. E’ una tecnica di guarigione giapponese che stimola il corpo ad auto-curarsi, attraverso l’energia anche di cibi e bevande. Forse è il tipico effetto placebo, ma mangiare quel favo ricoperto di miele, mi ha ricaricato!

https://www.facebook.com/difioreinfioremiele/