Torino.0: sono arrivato e mi sono perso

La cosa traumatica di ogni viaggio è il momento della valigia, in cui non entra mai abbastanza e che pesa sempre troppo. Un LargoBaleno non ha di questi problemi: noi ci portiamo dietro lo zaino, con il minimo indispensabile per la sopravvivenza, e lasciando spazio ai regali e souvenir da portare a casa. La vera sfida è ricordare di mettere tutto quello previsto dentro. Ovviamente anche stavolta manca qualcosa: il tubetto di dentifricio non è quello nuovo, bensì quello ormai finito.

Ad ogni modo, superato il trauma pre-partenza da zaino, con la voglia di vedere una città nuova, di rivedere vecchi amici, e di lanciarsi in nuove avventure, mezza famiglia di LargoBaleni, come se stessi partendo per la guerra, mi ha accompagnato sul binario, caricato sul treno, carrozza 6 posto 8B corridoio, e salutato in modo melodrammatico.

Inutile ricordarvi quanto io sia sfortunato in queste circostanze: accanto a me sul treno una coppia di anziani, marito e moglie, ha continuato a litigare per i 2/3 del viaggio. Hanno anche giocato a carte per divertirsi e passare il tempo, ed hanno finito per lanciarsele in malo modo. A condire il tutto l’uomo che si addormentato ed ha russato intonando un solenne sottofondo a quella scena tragicomica.

Fortunatamente poco dopo Genova sono scesi tutti lasciandomi solo, con il mio silenzio, il mio libro (un giallo che ho faticato a leggere, per quanto simpatico mi stesse l’autore che mi ha anche autografato la prima pagina, e che s’intitola “La scarpa”) i miei crakers sbriciolati, e le nuove tictac (che forse non sono nuove ma che io non avevo comunque mai assaggiato) alla fragola. Almeno il treno era in orario.

Alla stazione di Torino mi sono perso. Ci sono troppe uscite, troppe porte, troppe scale, troppe indicazioni contrastanti, ed io non ho capito più niente. Ho ovviamente sbagliato uscita, ma poi sono riuscito ad orientarmi con la mappa che avevo. Troppo presto per fare il checkin all’hotel, troppo tardi per tergiversare, ho deciso di pranzare. Mi sono detto “Siamo a Torino, troverò sicuramente un posto in cui mangiare qualcosa senza spendere una fortuna”. Ho vagato così tanto, che alla fine ho perso le speranze di pranzare. Alla fine alle 14.30 mi sono ritrovato da Exki, un ristorante self service biologico. Non mi è andata male, sia come prezzo (ho speso meno di 10 euro) che come qualità dei piatti: in particolare mi sono scelto una porzione di couscous con pollo e limone ed una fetta di quiche lorraine, la classica torta salata francese.

E senza volerlo ho scelto anche il locale preferito da Valentina, una cara amica torinese. In effetti Valentina è come la quiche lorraine: ne vorresti poter mangiare ogni giorno una fetta, perché golosissima, ma allo stesso tempo con una storia, una cultura ed un tradizione alle spalle che la rendono speciale per quanto a portata di mano.

Terminato il pranzo, dopo aver salutato il gentilissimo cassiere, ed aver apprezzato le spiegazioni sul riciclaggio riportate su tovaglietta e bicchiere, mi sono perso di nuovo per Torino, stavolta in cerca dell’hotel. Doveva essere dietro l’angolo, secondo le indicazioni riportate sul piano d’attacco, eppure google maps continuava ostinato a dirmi che avrei raggiunto la destinazione in 5 ore e 41 minuti in auto dalla mia posizione. Finalmente eccolo. Forse un miraggio, forse realtà: l’Ibis Styles Astoria.

La mia camera è al piano color lilla. Si, ogni piano ha un colore che rappresenta una particolare sensazione ed energia vitale. Appena capirò il significato del lilla ve lo farò dirò ovviamente. Ero così felice che ho raggiunto il quinto piano dell’hotel a piedi, salvo poi rimanere senza fiato all’ultimo gradino.

Ho sistemato le mie cose, mi sono ripreso un attimo, ho bevuto l’acqua che ho trovato in camera, gentilmente offerta dall’albergo, e poi sono uscito, di nuovo di corsa, stavolta per andare al Museo Nazionale del Cinema. E indovinate? Mi sono perso. Sarebbe stato più semplice se avessi capito da subito che si trattava di un Museo dentro alla Mole Antonelliana, e che quindi mi sarebbe bastato seguire la cima del monumento per arrivarci velocemente!

Il museo si sviluppa su 4 livelli tematici. La storia del cinema: interessante, anche se abbastanza nota. Lo ammetto: ho saltato qualche spiegazione dell’audioguida. Ma non tutto! Il secondo livello prevedeva un excursus sul metodo di produzione di un film, dagli effetti sonori ai vestiti. Il terzo livello era composto dai poster e manifesti dei film più famosi. Il quarto livello composto da stanze a tema cinematografico, tra cui quella dei film d’animazione che rimangono i miei preferiti (e la porta con la sagoma di Willy il Coyote vince su tutto). Infine la mostra temporanea: in questo periodo c’è quella sul cinema cubano, un po’ pesante ma interessante. Da apprezzare molto lo sconto studenti, valido per gli studenti di tutta Italia. Dopo il museo sono salito sulla punta della Mole Antonelliana, tramite l’apposito ascensore panoramico: uno spettacolo unico, anche se ho confuso un campus universitario con lo stadio della Juventus. Perdonatemi, ma il calcio proprio non fa per me

Finalmente sono arrivate le 17.00 e con due guide d’eccezione, Ilaria e Valentina, ed un’accompagnatrice speciale, Annachiara, ho visitato la città.

In questa breve ma intensa gita ho scoperto che:

-c’è una statua chiamata “Eco” davanti all’Università di Torino (polo umanistico) che non è dedicata ad Umberto Eco, ma che in questo periodo mi ha fatto ricordare la scomparsa di un uomo culturalmente avanti;

-a Torino è stato costruito il primo Parlamento italiano (che funzionava sicuramente meglio dell’attuale);

-che il Po è così tanto importante che gli hanno dedicato una via ma anche una statua (accanto a quella della Dora);

-che le fontanelle a forma di toro dedicate alla città si chiamano “torett”;

-che tra pochi giorni si festeggia il decennale delle olimpiadi di Torino e davanti a Palazzo Madama stanno già aspettando le tre mascotte.

 

La giornata è terminata con un’apericena a Lobelix, nella città dove l’aperitivo è nato, molto ricca e gustosa. Ho bevuto un “Sottobosco nelle langhe”, senza sapere cosa fosse: dolce e pungente, come un sottobosco, lo consiglio a chi ha bisogno d’affetto. Particolari i grissini, che sono caratteristici della città, ma anche i tomini con una punta d’acciuga, ed i tramezzini.

Insomma, che dire? Vi scrivo dalla mia stanza color lilla, con un forte mal di gola per colpa del freddo del nord, con i piedi distrutti, la nostalgia del mio team di girovaghe, e la frenesia per la colazione di domattina e l’inizio del Festival del giornalismo alimentare!

A domani con il resoconto del primo giorno.

Per il momento: un grande abbraccio ad Annachiara, che l’accompagni per il suo progetto di viaggio in Cina; uno ad Ilaria, per la stesura della sua tesi dai contenuti futuristici; uno a Valentina per essere la mia quiche lorraine.

image image image image

1 Comments

  1. Penso che nessuno mi abbia detto che sono come la quiche lorraine, che complimento dolcissimo e originale <3 Sì Exki lo amo e ci vado quasi una volta a settimana ^^
    Alcune precisazioni:
    Le olimpiadi torinesi si sono svolte dal 10 al 26 febbraio 2006 quindi sì sei decisamente in pieno decennale. Non so se tutti i torinesi lo vedono come un evento da ricordare perché ha lasciato la città con un debito economico più che immenso, ma non si può negare che la città dopo le Olimpiadi è diventata decisamente più viva e bella. Le tre mascots di Torino 2006 si chiamano Neve, Glitz e Aster
    Il Po è tanto importante perchè attraversa l'intera città di Torino, che si sviluppa molto attorno al fiume 🙂
    I Toret (una sola T) sono un must di Torino e li amiamo molto, esiste anche un sito per adottarne idealmente uno http://www.ilovetoret.it/
    I grissini che hai tanto amato si chiamano Torinesi. Che poi lo sapevi che i grissini nascono proproprio a Torino? 🙂

Comments are closed.